lunedì 28 luglio 2014

EQUILIBRIO DEL TERRORE O FIDUCIA NELLA PACE!!






La società cambia, e la violenza aumenta come una marea. Una cosa però è certa, che accanto  alla violenza aperta e segnata da manifestazioni eversive e distruttiva c’è nella nostra società una violenza più  oscura e clandestina che altera  i rapporti fra gli individui. Il tutto emerge quando le condizioni di vita divengono intollerabili o per il dominio straniero, o per il dilagare della miseria provocata dallo sfruttamento.

È inutile quindi chiedersi  quale dei due fenomeni  ha preceduto l’altro,  e cioè se la pace è la conclusione della guerra o viceversa la guerra è il risultato della pace. Rimane una sola certezza, l’alternarsi di queste due forme della vita, tanto che questi due fenomeni sembrano complementari. Mi sembra doveroso che allo studio obiettivo del fenomeno guerra, si accompagni uno studio meno attento del fenomeno pace. Possiamo sperare che queste due condizioni si illumineranno a vicenda e si spiegheranno reciprocamente.

“”Cassandra””  (la profetessa di sciagure a cui nessuno crede), resta la personificazione più tragica della previsione politica, essa assisteva impotente al manifestarsi dei pericoli, ma i suoi ammonimenti venivano accolti con indifferenza e disprezzo. Possiamo dire che in generale, e fino ai nostri giorni, tutte le varie Cassandre che si sono susseguite, hanno sempre avuto ragione. Infatti non vi è pace che non finisca, presto o tardi, per generare una guerra. Qualsiasi trattato di pace porta con sé, come tracciati di filigrana, i lineamenti di un futuro conflitto.

“”il paradiso è all’ombra delle spade”” avrebbe detto il profeta Maometto, perché in questo paradiso si affilano le lame e si generano squilibri che presto o tardi produrranno nuove battaglie. Tutto si svolge come se ogni periodo di pace sfociasse necessariamente in un confronto cruento, dove gruppi avversari affermano una volta in più il loro diritto all’esistenza e fanno constatare pubblicamente il loro dinamismo, la loro violenza e la loro capacità di nuocere. A fianco di queste fredde considerazioni, c’è un fattore fondamentale che nessuno ha diritto di dimenticare neppure per un istante. Questo fattore si chiamano uomini, che vengono uccisi da tutte le guerre grandi o piccole che siano.

Voglio concludere  riportando una citazione:  “”una cosa è colpita. Ci sono poche vittime, un solo morto. Immaginate che si tratti di vostro figlio, di vostra moglie o di vostro padre. Direste ancora che ci sono stati pochi morti? Quell’unica vittima era forse la vostra ragione di vita””. In queste poche parole, Serguei Obraztsov,  riassume bene l’orrore delle guerre.
                                                   

mercoledì 16 luglio 2014

IL MITO DELLE SUPERSTIZIONI



Il 13 porta fortuna, il 17 sfortuna. Di martedì e di venerdì  non si parte per viaggi lunghi (di venere e di marte non si sposa e non si parte), attenzione ai gatti neri, non passare sotto le scale, e in più, perchè vi arrabbiate quando un uccello vi scambia per un bagno pubblico? solitamente non si dice che porta bene??…..

Difficilmente ammettiamo di crederci, , eppure spesso, sia pur con un po’ di ironia, la mettiamo in pratica. E ancora più gelosi siamo di quelle superstizioni personali o soggettive, perché c’è le siamo  create noi quasi per costruirci attorno un sistema magico, che aiuti a vincere l’insicurezza.
Ma il campo delle superstizioni è ancora più vasto. La credenza negli spettri, nell’apparizione dei morti, nell’esistenza di essere diabolici o angelici. Altrettanto vale per la gamma degli amuleti, per gli oroscopi, sulla cartomanzia,  o magari sull’interpretazione dei fondi di caffè. La possiamo accumunare al mondo del misterioso e dell’occulto
.
Tutto un universo di credenze che deve, evidentemente, avere la sua spiegazione logica. Se le superstizioni fossero soltanto il risultato della stupidità e dell’ignoranza, non si spiegherebbe la sua diffusione a tutti i livelli  e in tutti i tempi, compreso il nostro, che almeno in apparenza, sembra che la razionalità trionfi sull’irrazionalità.

All’origine delle superstizioni vi è dunque una situazione d’incertezza, più o meno inconfessate, la paura della morte, o di una sciagura incombe continuamente su di noi, quindi ci creiamo norme artificiali come quella del 13 e del 17, per darci un alibi davanti a questo rischio. Poi, se queste tecniche non reggono e si rivelano inadeguate poco importa, la superstizione avrà svolto il suo compito nel mantenere un certo tipo di equilibrio psichico, l’angoscia in un modo o in un altro, è stata rimossa.

Come diceva il buon Totò in una delle sue tante battute, e pure dotate di un certo fondamento : “”non è vero, però ci credo””, e io nel mio piccolo la penso come Totò.
Insomma, non è vero che il 17 porti male, non è vero che partire di venerdì è pericoloso, ma tutto sommato non rinunciamo a queste credenze …..


sabato 12 luglio 2014

IL MITO DEL TEMPO LIBERO



Il tempo libero è un prodotto dell’automazione industriale. La storia del tempo libero ricorda quella dell’apprendista stregone. L’uomo istruito a metà e sedotto dalla prospettiva di essersi liberato dal lavoro, ha meccanizzato la sua opera e soppressa la fatica. Il lavoro è compiuto, l’ozio regna, ma l’apprendista stregone scopre presto di essere piombato in un incubo in cui le macchine rifiutano di fermarsi, in cui è condannato ad obbedire, e fatto ancor più grave è divorato dalla noia.  Così quello che potrebbe sembrare il trionfo del mito del tempo libero, il trionfo dell’antica soggezione dell’uomo verso la natura e la fatica, minaccia al contrario di diventare una tragedia di idee e di energie non realizzate.

Ecco che sopraggiunge l’inquietudine,  che ci afferra quando abbiamo del tempo libero e niente da fare, come lo definiscono gli americani il grande vuoto. Oggi il tempo libero non equivale a un’attività, ma pagato dal lavoro, equivale a un tempo reso disponibile.

Oggi la produzione di massa comporta inevitabilmente le distrazioni di massa, e se cinema e TV possono non essere da meno per volgarità e per violenza dei circhi dell’impero romano,  sono  molto più preoccupanti perché hanno il potere di imporre praticamente stili di comportamento a una intera popolazione.

 Infatti è sintomatico che la maggior parte delle persone in vacanza anziché fuggire dallo stress estenuante che ha dovuto subire durante l’intero arco di un anno, lo richiede, richiede per le sue ferie  luoghi affollati, altrimenti divorato dalla noia non saprà divertirsi, e soprattutto  poter continuare a stressarsi. Questo è un aspetto caratteristico del tempo libero, poiché in una società di massa le occasioni offerte per esprimersi sono molto limitate. La mia speranza e che un giorno quell’apprendista stregone possa giungere a conclusione del suo viaggio, riuscire a diventare un vero stregone, in modo tale da comprendere realmente il valore e il significato del tempo libero. 

venerdì 11 luglio 2014

28 LUGLIO 1914 ""CENTO ANNI DOPO""



Calarsi nelle viscere della storia dove per milioni di uomini il tramonto è arrivato prima dell’alba, non è solo impegno civile e morale, ma anche un esperienza irrinunciabile. Le celebrazioni per il centenario dallo scoppio della grande guerra (28 luglio 1914) sono ormai cominciati.

Questa guerra ha reso sistematici i massacri collettivi, le distruzioni di intere popolazioni,  voluta dal desiderio di potere e contraddistinta dai pregiudizi. Ha sconvolto l’umanità non solo dal punto di vista materiale, ma anche nei suoi più radicati convincimenti, in ciò che la cultura dei popoli aveva di più prezioso. Il brutale annientamento dei valori umani ma anche la loro accanita difesa hanno caratterizzato il conflitto.


Abbiamo il dovere di rendere omaggio a coloro che hanno dato la vita per difendere la civiltà e la libertà, e di ricordare alle generazioni contemporanee le loro sofferenze e i loro sacrifici. Purtroppo l’immagine del mondo che sempre più si va imponendo e quello di continui conflitti proprio mentre si perfezionano i mezzi di comunicazione e i motivi per cooperare diventano espliciti.  La gravità del pericolo comincia tuttavia ad essere largamente avvertita, e fa emergere l’aspirazione di una pace duratura, fondata sul rispetto dei diritti umani e della libertà. Tutti noi abbiamo il compito di partecipare a un vero rinnovamento dei valori, dando loro il significato di una ininterrotta continuità tra i diritti di ogni uomo. La celebrazione del centenario dell’inizio della prima guerra mondiale ci ricorda questo dovere e ci esorta a compierlo.

giovedì 10 luglio 2014

TOLLERANZA RELIZIOSA



Gli ideali religiosi come gli ideali politici, sono da considerare come valori supremi e tali da impegnare l’individuo fino al martirio.  Per questo motivo anche le religioni rappresentano un valore di parte, e perciò presunzione del possesso della verità, e non arretrano di fronte alla lotta per il trionfo della propria fede.


Le frontiere spirituali, come quelle politiche, che separano le chiese e le religioni sono state tracciate e indicate dalla guerra: tra l’Islam e la Cristianità, tra i regni cattolici e i protestanti. Esempi lampanti sono le Crociate: dietro il motivo religioso si nascondevano anche altri interessi, il desiderio di controllare il proficuo commercio con l’Oriente e la volontà della Chiesa di pacificare l’Europa.  Sembrava che il loro compito fosse quello di scannarsi a vicenda per il trionfo della vera religione.

Alla fine prevalse la saggezza, e si riconobbe che la religione non si poteva imporre con le armi o con pressioni di ogni genere. Nacque così il principio di tolleranza, consentire cioè ai meno di avere le loro idee religiose, i loro culti ecc…
Era un progresso all’eccidio, si sostituiva la convinzione che i diversamente credenti, potevano essere convertiti con metodi pacifici. Ma questo principio di tolleranza ha degli aspetti che non possono essere accettati, in fondo nessuna maggioranza religiosa può dare o non dare il consenso a  poter restare fedeli alla propria religione.

Oggi nel ventunesimo secolo, guardando al mondo che ci circonda,  noi occidentali assistiamo al fenomeno drammatico, pressocchè  incomprensibile di credenti nell’islam che con attentati suicidi cercano di uccidere il maggior numero possibile di “”nemici “”.  Li definiamo Kamikaze, e li associamo a terroristi o potremmo dire guerra non convenzionale.  Nel mondo islamico il termine usato e “”shahid””  e va tradotto come il  martire cristiano, come colui che tesmonia la sua fede anche a costo della vita, e va inquadrato  nella “”gihad”” (guerra santa) 
Quindi La tolleranza religiosa è il caso classico che dimostra come il separatismo,  sia l’unica soluzione possibile, basta richiamarsi alle tantissime guerre di religione. Non conta il sesso, il colore della pelle, le idee politiche, sociali, religiose ecc.: conta la compatibilità, cioè il colore delle idee, del proprio cervello
Oggi, tentando di superare la storia, molti parlano di tolleranza religiosa come se fosse un segno indistinguibile di civiltà. In realtà non è che una forma di
·        utopia
·        paura
·        interesse.
È una forma di interesse quando si evita lo scontro semplicemente per salvaguardare gli affari con un gruppo o una nazione.
È una forma di paura quando si evita il confronto e si rinuncia ai propri diritti per evitare la “forza” dell’altro.
Ma soprattutto è un’utopia. Quando qualcuno parla di tolleranza, perché non fa mente locale e analizza il significato reale del termine? Non si tollera un figlio, un coniuge o un amico. Tollerare significa sopportare. Quindi tolleranza vuol dire sopportazione dell’altrui idea religiosa. Ma, se questa ci provoca danno sopportazione vuol dire sottomissione.


martedì 8 luglio 2014

CHI HA TRADITO: LA LETTERATURA O LA SOCIETA'?



Nel labirinto, nel fiume oscuro, nel disordine e nell'errore, ecco dove siamo arrivati, almeno a giudicare dalla realtà. Il bello è, che ci sono arrivati anche quegli scrittori che avevano sognato un uomo composto, un uomo che avrebbe riconquistato una ragione. 



Penso a Pavese, quanti anni sono passati dalla sua morte volontaria, e alle sue ideologie sociali, poi penso a quelli che sono rimasti, e che non parlano più, almeno là dove e nel modo in cui dovrebbero farlo. E mi chiedo: chi ha tradito prima le speranze, la letteratura o la società? era in ritardo la letteratura che credeva di respirare in una società rinnovata? oppure è stata la società a disingannare la letteratura?


Non è questo che in fondo mi interessa, mi interessa un'altra cosa,  sapere il perchè ci  sono stati questi due fallimenti. Forse perchè non ci si rinnova!!  non bastano i buoni propositi ne la volontà, ci vuole qualcosa da ridire,  e che corrisponda a una verità interiore, a una verità  ""VERA"". 


Quando si parte per non sapere,  c'è già un velato dato di divertimento, che non tarderà  a produrre i suoi effetti. E' indispensabile considerare lo scrittore come qualcosa di vero, di necessario, e di utile, la realtà invece ci fa capire l'esatto contrario, per cui lo scrittore è una firma da reclutare o da sfruttare. Infatti è strano che oggi come oggi, gli unici richiami alla ragione vengano da chi postula oltre la ragione un altro dato di vita.


Ormai si è arrivati a tal punto, che mi sembra doveroso rompere il regime delle maschere, e delle finzioni e vedere lo scrittore per quello che è: non un mostro, non un angelo o un oggetto. Ma sarà possibile credere e dar fiducia?  Ecco dove lo scrittore deve chiedere aiuto alla società.


giovedì 3 luglio 2014

NOI SIAMO L'ENIGMA CHE NESSUNO VUOLE RISOLVERE.

Anche se i sentieri che portano alla vetta fossero molti, la montagna in sé è esattamente la stessa.  Tocca a noi scalare la montagna, ma una volta in cima potremmo innalzare un cumulo di pietra e sederci a riprendere fiato dopo la lunga scalata. Per una volta possiamo permetterci di dimenticare i problemi del fondovalle: perché li abbiamo lasciati alle spalle.

Quello che voglio dire è che: nonostante ognuno di noi ha idee e pensieri spesso discordanti con il nostro simile, nessuno ci vieta di poterci incontrare sulla stessa montagna!! Il punto non è solo da dove veniamo ma anche dove andiamo. Abbiamo origini diverse forse molto diverse, ma non dobbiamo dimenticare che in fondo apparteniamo alla stessa specie.  ci siamo evoluti da un semplice organismo cellulare, poi la nostra evoluzione si è indirizzata verso un sistema sempre più efficace, verso un cervello sempre più complesso e consapevole del  modo in cui viviamo.

 Quale altra strada avremmo potuto prendere?? 


Nulla al mondo è normale, tutto ciò che esiste è un frammento del grande enigma e:

“”noi siamo l’enigma che nessuno vuole risolve””.




LA CORDIALITA’







La cordialità schietta e autentica e virtù piuttosto rara. Cordiale significa proveniente dal cuore. La cordialità che appartiene al corredo della buona educazione e alla tecnica del saper vivere è indubbiamente cosa lodevole ma non esprime appieno e nell’intimo il significato spirituale di una virtù, che fin  nel suo nome si annuncia come voce del cuore, (cor, cordis) quello che i latini meglio chiamavano animus.

 Non sempre infatti le buone maniere esprimono animus, la bontà dei modi, la semplicità affettuosa del comportamento possono, anche senza esplicita finzione,  costituire un’innata  o acquisita tattica sociale proprio di coloro che sanno stare al mondo e conoscono l’arte di piacere al prossimo.

Cordialità apparente, che è un vero e proprio gioco di recitazione, messo in opera dai furbi per ingannare gli uomini semplici e ingenui.  Dietro l’aria più gioviale e servizievole spesso non vi è un animo benigno e gentile ma uno spirito fatuo e corrotto che vuole apparire diverso da ciò che è, ingannando  forse anche se stesso.

L’uomo veramente cordiale, è animato dal sincero proposito di vivere incontro al prossimo, egli è benevolo per cortesia e gentilezza d’animo e si adopera nel limite delle sue possibilità. Esistono tuttavia persone buone incapaci di cordialità, ed esistono uomini affabili e corretti privi di comunicatività cordiale.

La sfera della cordialità è quindi confinante con quella della bontà e della cortesia ma non è confondibile con esse. Se giudichiamo un uomo cordiale, nel senso forte e vivo che questo aggettivo possiede, non soltanto ci è impossibile dubitare della sincerità dei suoi propositi, ma avvertiamo altresì nel suo comportamento un che di irradiante. Si crea un’atmosfera di confidenza e quasi di solidarietà, per cui vedremo quell’uomo che sta di fonte a noi come il nostro simile e il nostro prossimo,  non più come “”un altro”” estraneo al nostro destino.


 La cordialità che sembra cosa tanto umile, “”tanto alla buona”” è invece uno dei valori spirituali più alti.