Ci conformiamo agli stereotipi di genere della pubblicità e dei media,
perchè siamo troppo stanchi e distratti per
accorgerci che l’evoluzione dei costumi
sta facendo un giro su se stessa.
Nonostante le aperture verso il terzo sesso, operato da diversi brand
(soprattutto perchè le leggi economiche, più
che quelle etiche lo impongono), nonostante le immagini pubblicitarie di
uomini che si intendono di detersivi e pannolini, e donne manager sempre troppo
di fretta, in cuor nostro non ci siamo spostati più di tanto dall’immagine
della famiglia felice degli anni ’50 (per intenderci la famiglia modello mulino
bianco): il marito che porta a casa stipendio e la donna che cucina e rassetta
casa.
La cosa più triste è che il marketing pubblicitario sembra essere più
avanti dell’effettiva realtà delle cose. Al di la dei problemi familiari, il
tempo dell’emancipazione femminile sembra essersi fermato. Essere a metà strada
tra i paesi del nord Europa e lo Yemen delle spose bambine è come essere in
mezzo alla dimensione spazio temporale del “vorrei ma non posso”, un guado
melmoso di promesse non mantenute.
Non si può certo imputare alla pubblicità la creazione di modelli di
comportamento, ma la si può comunque ritenere responsabile del rinforzo di
quelli esistenti, l’esaltazione del corpo femminile, degli anni ’50, in poi, ha
subito una parabola discendente, che non ha rispettato né il corpo, né le idee
delle donne.
Gli anni del boom economico ci restituiscono l’immagine di una donna che
guarda speranzosa verso il miglioramento della propria posizione sociale, negli
anni ’70 non si era già più streghe, ma madonne, e le femministe rivendicavano
una posizione che fosse quella di persona pensante ed indipendente. Un gran passo avanti, che però ha segnato un’inevitabile
mascolinizzazione del genere femminile, che per ottenere gli stessi risultati
del sesso forte ha dovuto tirar fuori gli attributi e mettere da parte, almeno
per un po’, la sua indole femminile.
Poi gli anni ’80 e ’90, e ancora il nuovo millennio, hanno tappezzato i
muri delle città ed il nostro immaginario collettivo, di corpi senza anima, uno
stereotipo ripetuto all’infinito, verosimile, quindi reale, mentre la mamma di
famiglia rimane sempre uguale a se stessa e continua a preparare la colazione
sulla tovaglia quadrettata, nonostante gli equilibri sociali siano cambiati,
pensiamo alle famiglie allargate, alle mamme single, all’immigrazione ecc. ecc.
Trent’anni di macellazione sessuale che ben poco ha lasciato
all’immaginazione, ci ha portato a credere che le donne devono portare la 38, e
avere 5° di reggiseno e le labbra a canotto, tutto sommato delle bambole di
carne e silicone, ancora santificate in cucina e dannate in tutte le altre
stanze, come se il tempo non scorresse più, ed il “se non ora quando” si fosse
trasformato crudelmente in un “per adesso non ci sperate”
Non bisogna però credere che i moti femminili abbiano
alzato un polverone inutile. Grazie a coloro che negli anni Sessanta hanno
portato avanti questa causa, si è arrivati a conquistare la libertà di
scegliere se e come accedere a quelle aree di competenza prettamente maschili,
come arruolarsi nell’esercito o diventare un manager di successo, solo per fare
qualche esempio. Ma ora che le donne
sanno di poterlo fare, scelgono spesso una vita completamente diversa, quella
che conducevano le loro nonne. Da un punto di vista sociologico questo ritorno
al passato può essere inteso come un
riappropriarsi dei ruoli scelti dalla natura per regolare la vita sociale degli
individui: uomini e donne hanno caratteristiche fisiche e mentali diverse,
adatte ad espletare compiti differenti.
Inoltre è sempre più attuale il discorso sull’importanza della famiglia quale nucleo portante della società. In un momento storico in cui due dei tre nuclei di aggregazione su cui si basa la collettività perdono prestigio (la Chiesa e i suoi scandali e la crisi economica e lavorativa che turba tutti i cittadini) la famiglia ritorna al centro del dibattito quotidiano in quanto elemento da difendere e proteggere, per riconquistare quella stabilità sociale e psicologica che è stata messa in pericolo. Quindi la donna non è più una strega ma un’abile madonna che sa al tempo stesso essere strega pronta a tirar furori artigli per difendere come ha sempre fatto il suo stato.
Signore e signori, queste sono le donne: un secolo fa
abili massaie, poco dopo decise rivoluzionarie e oggi istruite casalinghe. Se è
vero che la storia si ripete e che la vita non smetterà mai di sorprenderci …
quale sarà la prossima tappa?
Nessun commento:
Posta un commento