Immancabilmente, anche quest'anno, mi sono
ritrovato a girare sul sagrato del Santuario più famoso del mantovano, appuntamento irrinunciabile per chi come me ama l'arte dei madonnari. Sorto
sulle rive del Mincio, la dove in principio c’era un rudimentale
tempietto con dentro l'effige della Vergine, meta di pellegrinaggio per
pescatori e boscaioli.
Con il passare degli anni la fama dell'effige presto
valicò i confini di quel borgo, la sua popolarità crebbe a dismisura tanto che,
Francesco Gonzaga, per scongiurare l’incubo della peste, era il 1399, fece addirittura
il voto di innalzare un sontuoso tempio.
Da allora davanti al tempio, nel cuore
dell’infuocata estate mantovana, il sacro e il profano s’incontrano. I
madonnari coi gessetti da una parte, che costituisce un enorme laboratorio
artistico all’aperto e la festa con le bancarelle dall’altra. E poi c'è chi
arriva soltanto per fare colazione con il tradizionale panino con il
cotechino.
I “Madonnari”, erano pellegrini che si guadagnavano il
viaggio dipingendo madonne lungo le vie che li portavano verso mete lontane,
immagini benedette in cambio di un tozzo di pane.
Oggi gli intenti devozionali
sono solo ricordi lontani, ma i madonnari sono ancora degni di questo nome
antico, che ha ancora odore di strade, libertà, di spiritualità.
Sull’asfalto,
creano grandi riproduzioni di quadri famosi d’arte sacra o immagini di propria
fantasia dedicate alla Madonna, e qui l'artista sempre più sudicio
nel suo corpo a corpo col selciato, completa la sua opera abbagliante, una
specie di miracolo.
C'è giusto il tempo di uno scatto, per poi lasciare le
opere in balia degli eventi atmosferici, destinate a sciogliersi al primo
acquazzone, rimanendo fedeli nella loro stesura iniziale, solo negli scatti
fotografici. Ma l'arte di strada è anche questo, un ultimo flash su profili
perfetti, prima che tutto svanisca prima del tempo....
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