Prima tocchi il cielo con un
dito, un istante dopo sei uno straccio. È
inevitabile quando la nostra gioia dipende non da noi, proviamo invece a capire
chi siamo, che cosa ci fa star bene e quali sono i nostri limiti. Perché quella
che costruisci su te stesso dura per sempre.
Un sentimento effimero la
felicità, anche se tutti abbiamo vissuto momenti che non si possono definire in
nessun altro modo: pura estasi.
Quando l’inaspettato accade siamo felici, ma come mai
non riusciamo a far durare questa felicità?
Una cosa è certa quando siamo
felici, viviamo nel terrore di non esserlo più, e anche se abbiamo la
sensazione che possa durare in eterno, sappiamo che tutto potrebbe finire da un
momento all’altro. Non godiamo mai pienamente della felicità, neanche quando
dall’esterno abbiamo tutto per essere felici. Per esempio mi sono sempre
chiesto come mai si parla di persone che dopo aver vinto enormi somme di danaro
alle lotterie, viene fuori che sono dopo cadute in rovina, come se fossero
state incapaci di andare oltre quel momento.
Il punto è che quella
felicità non c’è la siamo guadagnata, in
pratica in una condizione di felicità di questo genere non possediamo noi
stessi, ma siamo posseduti dall’altro...
La felicità è vera solo se ce
la conquistiamo da soli. Molti manuali e
molte tecniche comportamentali negli ultimi anni anno dispensato
consigli che possono essere riassunti in un diktat:
sii positivo, togli dalla tua testa ogni pensiero negativo, ascolta musica
allegra.
Tutto questo non basta per essere felici, perché anche in quel
caso siamo passivi, ad esempio ascoltiamo la musica ma non la creiamo, e i
pensieri, poi, ci vengono e il colore non lo decidiamo noi.
Ecco allora la risposta, la
felicità quella vera, non ci vuole passivi, ci vuole attivi, la dobbiamo
costruire. Come insegna la filosofia del “mettere
in pratica –conosci te stesso-“; se evitiamo questa conoscenza, nella vita
prendiamo solo abbagli, inseguiamo modelli che non ci corrispondono, e non
inseguiamo le nostre reali inclinazioni. In pratica non ci esprimiamo
attraverso quello che gli antichi chiamavano il nostro “demone”, dal quale
scaturisce la nostra felicità.
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