La delusione è uno smacco avvilente, è una ferita
al proprio orgoglio, lascia una traccia profonda, perché mette in scena dal
vivo una delle più antiche paure radicate nell’animo umano.
Se un risultato importante non viene raggiunto,
se ciò per cui abbiamo tanto sudato, ci viene negato, ecco che la delusione
scatta inesorabile come la trappola di una tagliola. La sua micidiale morsa
scatena un dolore bruciante, la sua avvolgente presa ci spinge sempre più verso
un baratro di angosce, e la nostra prima reazione è rabbia cieca e scomposta,
rimedio al quanto primitivo quasi ancestrale. La rabbia infatti è un impeto carico di energia
che risucchia e occupa tutto il nostro spazio emotivo, impedendo la percezione
di altri sentimenti. Questo sentimento è una disperazione totale, assoluta … un’angoscia
che ci segue come un’ombra per tutta la vita.
La prima considerazione che mi viene da fare, è
di cercare di sottrarsi in qualsiasi modo al sentimento di delusione, e a quell’atteggiamento
penoso che ne deriva. Unica alternativa è prendere in mano le redini della situazione, da comprimario bisogna
diventare attore protagonista, permettendoci di arginare l’angoscia della
sconfitta, inoltre circoscrivendo la portata del disagio potremmo recuperare
autostima.
Parafrasando le parole di Binswanger (melanconia e mania) “”una opinione non è un’idea
aperta ad altre possibilità, è una certezza, una convinzione indubitabile e
indiscutibile”” quindi senza ombra di dubbi l’obbiettivo imprescindibile, deve
essere la conferma del proprio valore.
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