martedì 19 gennaio 2016

Evoluzione del concetto di libertà



Noi non possiamo più godere della libertà degli antichi, che si basava sulla partecipazione attiva e costante al potere collettivo. La nostra libertà oggi si basa sul pacifico godimento dell’indipendenza privata. La parte di sovranità nazionale che spettava a ciascuno di noi non era affatto, come lo è oggi, una ipotesi astratta.

La volontà di ciascuno costituiva un piacere vivo e ripetuto, di conseguenza, gli antichi erano disposti a fare molti sacrifici per la conservazione dello stato. Ognuno rendendosi conto con orgoglio di quanto valeva il suo suffragio, trovava in questa coscienza un ampio indennizzo. Oggi questo indennizzo per noi non esiste più, disperso nella moltitudine, l’individuo quasi mai si rende conto dell’influenza che esercita. Mai la sua volontà impronta di se la collettività, niente prova ai suoi occhi la sua cooperazione.

L’esercizio dei diritti politici ci offre, dunque, solo una parte dei vantaggi che gli antichi vi scorgevano, e allo stesso tempo, i progressi della civiltà, la tendenza della nostra epoca al commercio, la comunicazione dei popoli, hanno moltiplicato e variato all’infinito i mezzi del benessere privato.


Vien da se che noi, ben più degli antichi, dobbiamo essere attaccati alla nostra indipendenza individuale; perché gli antichi, quando sacrificavano questa indipendenza, sacrificavano il meno per ottenere il più. Mentre  noi compiendo lo stesso sacrificio, daremmo il più per ottenere il meno. Il fine era la divisione del potere fra tutti i cittadini di una stessa patria, era questo che essi chiamavano libertà. Il fine dei moderni è la sicurezza nei godimenti privati, e chiamano libertà le garanzie accordate a questi godimenti dalle istituzioni. 

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