Confrontandoci con il nostro tempo e la nostra società, è chiaro
come negli ultimi anni, il mercato del lavoro è diventato sempre più cinico ed
egoista.
Basta poco per rendersene conto, basta entrare in un qualsiasi
ufficio professionale per imbattersi in tanti giovani che lavorano da stagisti
o da assistenti, senza percepire un solo
euro. In barba al cosi detto Jobs Act e al lavoro sommerso.
Negli ultimi anni si è dato per scontato, che per diventare dei
professionisti, oltre alla laurea con relativo esame di abilitazione, occorre
trascorrere un periodo di tempo (avvolte anni) di apprendistato gratuito, nella
speranza di ottenere un contratto rigorosamente a tempo determinato. Per molti
giovani una tale attesa rappresenta già il raggiungimento di un obiettivo, accettando
quel periodo di schiavitù come un asservimento necessario.
Tutto questo non riguarda solo gli studi professionali, ma anche
una vasta gamma del mondo del lavoro, in genere è quello della formazione
post-diploma. Dalle estetiste, ai parrucchieri, dall’idraulico all’elettricista,
dagli studi grafici alle testate giornalistiche; c’è una terra di nessuno dove
il riconoscimento minimo di un diritto è una chimera. Una realtà che si è
diffusa proporzionalmente all’aggravarsi della crisi economica. Diminuendo i
fatturati, cresce la tendenza di sfruttare in modo intenso soggetti a basso
tasso esperienziale, disposti a qualsiasi compromesso pur di arricchire il
curriculum.
Io non sono contro il lavoro gratuito, Il lavoro non remunerato non è per forza un male, ma
attenzione, il lavoro gratuito inteso solo per scelta, per la visibilità, e non
per necessità. D’estate quanti di voi hanno lavorato nelle strutture alberghiere,
nei campi, o nei mercati, lo abbiamo fatto per scelta, non perché costretti. Ma
a differenza dello stagista c’è una differenza: la retribuzione.
Venivamo pagati, poco,
sicuramente. Ma quella è la fase in cui si ci fa le ossa, si fa la gavetta, e
il tuo lavoro valeva poco. Però cera un impegno quotidiano che mi veniva
riconosciuto. Oggi invece si fanno gli interessi delle aziende e invece di
investire sui giovani, lo stato regolarizza la beneficenza alle aziende.
Oggi se il famigerato
bamboccione, che secondo il Brunetta dovrebbero uscire di casa a 18 anni, vuol lavorare, è costretto a farlo gratis, con
la speranza che prima o poi venga assunto. E intanto si potrebbe chiedere alla
Fornero che definì sfigati i laureati senza lavoro, se è disponibile ad offrire
vitto e alloggio agli stagisti.
ma in che mondo
viviamo, solitamente un’azienda dovrebbe investire sulla risorsa umana, magari
con una minima retribuzione come rimborso spese, e una volta formato dovrebbe
essere assunta, questo è un circolo virtuoso. Mentre da buon italiani il nostro
è un circolo vizioso, non pagano e tra sei mesi cambiano stagista, come le
lamette della barba “usa e getta”
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