Questa è l’epoca del “”post-tutto””, l’epoca
in cui non ci sono più ideologie, epoca in cui (si presuppone) che la
tecnologia ci abbia avvicinati culturalmente, ma paradossalmente non si sa più
cosa dire.
Ormai non c’è più vivacità, quella
vivacità che arrivava da lontano dal popolo, al quale oggi si oppone un pragmatico “ma a cosa serve –
chi me lo fa fare – tanto non serve a niente”. Si rischia in questo modo di inabissarsi
in un oceano caotico, dove tutti urlano alla salvezza collettiva, ma di fondo nessuno
ha più le capacità di creare un salotto
culturale, capace di risollevare le
sorti di uno Stato ormai allo sbando. È deleterio
quello che sta succedendo, basta vedere
gli attacchi al senso civico, e al buon esempio che i nostri politici ci
trasmettono.
Il liberismo economico, posto come unico
parametro di regolazione , ha avuto gli effetti che noi tutti conosciamo. E guardando
al passato, a quegli anni (tra 1960 – ’70), dove le cose avevano un senso
ideologico, sembra di compiere uno scavo
archeologico. Predominava allora il senso di rivalsa, il voler ricominciare a
tutti i costi. E nonostante le agitazioni sociali, di fondo la situazione oggi, non è poi tanto diversa.
Tutto questa divagazione solo per dire che
è l’individuo a fare la differenza, non solo per se stesso ma per il gruppo. Recuperare
le ideologie del passato forse non servirà a nulla, ma vale senza ombra di
dubbio recuperarne gli atteggiamenti.
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