Viviamo
nella società dell’abbondanza, ci continuano a martellare con l’ipotesi che
tutto “di più è meglio”, sembra di
essere in quei programmi televisivi, americani, in cui ti presentano razioni
enormi di cibo, e secondo tale logica è sinonimo di felicità. A partire dagli anni cinquanta abbiamo avuto
sempre di più. Il progresso materiale è in continuo aumento e ci offre ogni
giorno sempre più opportunità di consumo.
Tutto
ha avuto inizio negli anni sessanta quando fecero la comparsa i primi centri
commerciali, e venne “”inventato il concetto dell’usa e getta””. Negli anni
ottanta prese piede il tempo libero di massa, rappresentato dalla seconda casa
al mare. Chissà nel prossimo millennio metteremo in vendita l’immortalità
mediante la medicina genetica, insomma il progresso a tutta velocità.
Abbiamo
sempre di più, vero, ma siamo realmente soddisfatti, siamo felici, o siamo
stressati dal rincorrere illusioni materiali? Sembra proprio di no, ma tuttavia
restiamo sempre dell’idea che la corretta evoluzione della specie sia
direttamente proporzionale alle quantità di comodità che riusciamo ad ottenere.
Fin
qua, siamo tutti d’accordo, che c’è un problema di fondo, bisogna consumare di
meno, ma lo accettiamo solo in teoria, e non ci rendiamo conto che l’inganno è
molto più insidioso di quel concetto feticista di efficienza. Del resto chi non
crede nell’efficienza? Sarebbe meraviglioso se i treni viaggiassero sempre in
orario, o che le città siano pulite, d’altronde non è forse vero che più c’è né
e meglio è?
Ma
guardiamo in faccia alla realtà, il rincorrere della perfezione, ci migliora la
vita, o ci rende schiavi? Basta paragonare
quei paesi in cui hanno fatto dell’efficienza il loro cavallo di battaglia come
la Germania e il Giappone, e i paesi del
sud del mondo dove tutto viene concepito secondo uno schema logico della
rilassatezza. Parliamoci chiaro, un pò di efficienza va bene, ma quando è
troppa rischia di diventare stressante e demenziale.
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