abusare cinicamente della parola «destino»
La Sardegna. L’isola delle
meraviglie, delle spiagge bianche e del mare azzurro smeraldo, di un entroterra
ricco di fascino e di storia, è stata trasformata in qualcosa di spettrale e
terrorizzante. Una tragedia immane, che mette i brividi.
solitamente in queste occasioni non riesco a polemizzare, ma sento solo l’esigenza di stringermi attorno alle popolazioni colpite dall’ennesimo disastro ambientale, però non riesco ad esimermi dall’esprimere alcune rabbiose considerazioni.
La mia è rabbia quella
che provo nel contare, ancora una volta, le vittime di una tragedia evitabile,
è rabbia quando ascolto il Presidente
della Regione Sardegna affermare che “La morte violenta dei cittadini
sardi è causa di una
fatalità”. abusando cinicamente della parola «destino»
Questi signori non lo sanno che il destino è una cosa seria,
fuori dalla loro portata. Il destino non è quindi la pioggia che cade, ma è l’argine
invaso dai detriti non sgomberati. Non è il torrente che ingrossa, ma è
senz’altro la casa che gli è stata costruita nel letto dove doveva scorrere.
Non è il fango che scende a valle, ma di sicuro è la via chiusa tra villette a
schiera che gli fa da diga.
Il destino è un progetto con nomi e cognomi e non è cieco né
baro: dipende da noi, quindi chi parla
di fatalità è colluso con i pescecani del cemento.
Sta in questo pensiero la radice del disastro che il nostro territorio
subisce in modo continuo. Alcuni giorni fa le Marche, in questi stessi giorni
la Basilicata e la Calabria
.. I sardi, che hanno dato di sé stessi al mondo, una prova di solidarietà, che avrebbero di certo preferito risparmiarsi, davanti a questa evidenza, pagata a prezzo carissimo, non può chiedere a sé stessa l’ennesimo silenzio. L’offesa più grande sarebbe affidarsi per l’ennesima volta a un dopo che non arriverà mai, come non è arrivato nelle alluvioni precedenti: disastri ciclici tutt’altro che millenari, al punto che la mia generazione ne ha già visti troppi. . E’ ora di dire basta per sempre. Basta a dover piangere morti ingiuste dovute all’incuria e all’avidità. Basta con lo scempio del territorio.
Purtroppo però, fra qualche giorno, seppelliti i morti, non
se ne parlerà più, fino alla prossima “FATALITA’”.
Del resto è questo lo specchio dell'Italia.
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