Molte persone guidano auto di
grossa cilindrata o vestono alla moda solo per sentirsi più sicuri e fiduciosi
nell’affrontare le prove della vita e spesso alla domanda generica come stai? Solitamente
non ti senti rispondere: “bene grazie” o
“non sto attraversando un buon momento ma prima o poi passera” .
Ma in tanti ti
fanno il resoconto della propria vita, raccontandoti dei propri vissuti, ma
soprattutto elogiando il suo modo di rapportarsi con i modelli sociali che
configurano l’uomo soddisfatto e considerato.
Ecco per queste persone
valere significa mostrare, mostrare le proprie capacità le proprie competenze,
la propria dedizione, i propri meriti. Tali atteggiamenti però evidenziano un
allontanamento da una parte di sé. Uno scollamento da una sensibilità affettiva
propria della natura umana, e mostra il suo aspetto dannoso nell’appropriazione
di tutti gli spazi esistenziali, diventando tema dominante della vita.
Tema per il quale domina la
preoccupazione di mostrare a se stessi e agli altri di essere in ogni momento
adeguati, così da relegarsi agli antipodi della condizione emotiva più a rischio di sofferenza: l’insuccesso e
la debolezza.
Ecco che la vita diventa un
susseguirsi di prove da superare, e come nei videogame, per ogni livello superato
se ne apre uno nuovo sempre più difficile, così come nel gioco non si avrà
fine, fin quando non avrai perso l’ultima energia disponibile per poter
proseguire.
Questo gioco crea
dipendenza, poiché ogni risultato
acquisito, procura una sicurezza transitoria, la quale per stabilizzarsi ha
bisogno di essere supportata da continue conferme, che perciò diventano mete obbligatorie,
irrinunciabili.
L’esistenza così imposta
viene mutilata, perché non riesce a vivere nelle molteplici possibilità che la
natura di mette a disposizione, non riesce ad esprimersi nei modi possibili
dell’essere. In fondo è un’esistenza a tema fisso, che rende prima o poi l’individuo
totalmente dipendente.