Quanti
di voi conoscono, o forse hanno fatto uso dell’espressione “tengo famiglia”. Per chi non lo sapesse si tratta di una citazione
attribuita a Longanesi, utilizzata per denunciare soprusi e nefandezze in un
Italia (e non solo) dove il nepotismo è all’ordine del giorno.
Il
famoso mi manda papà e il relativo scambio di favori è un fenomeno che si ritrova
un po’ in tutto il mondo e in tutte le epoche. Tuttavia, il nepotismo ha delle
origini storiche ben precise. Risale all’alto medioevo, periodo in cui la
parentela con papi e cardinali era diventata fonte importate di ascesa sia
politica che sociale.
La
solita storia, sia che arrivi dalle più alte cariche dello stato e religiose, o
che arrivi dall’ultimo funzionario pubblico , il risultato è sempre uguale …
poltrona ricca mi ci ficco … tant’è, che ne è nato, per colpa o per merito,
dipende dai punti di vista il neologismo “parentopoli”. Diffusosi come un virus
a macchia d’olio, oggi è diventato vero e proprio sistema, a dimostrazione del
fatto che, non si ha neppure il pudore
di dissimularlo, il malcostume che diventa virtù.
Ormai
mi dà l’impressione che, oltre al curriculum, ai colloqui di lavoro devi
presentare l’albero genealogico, perché solo vantando amici o familiari
illustri potrai aspirare ai posti che contano.
Eppure la successione dinastica dovrebbe
rappresentare un eccezione e non la regola, ma purtroppo finché, tutto resta
legato al concetto di clan, chi nasce “figlio di” partirà sempre favorito. Le
lobby sono una classe che si autoriproduce. Certo la questione oltre che morale
è soprattutto culturale. Ma l’etica del singolo non basta, e la mentalità di
chi sta ai piani superiori che deve cambiare. Aspirazione difficile visto che sono
i primi ad usufruire dei loro privilegi.
Cosa resta allora della
meritocrazia?
Diciamolo con franchezza, in
questi anni non è andata esattamente come si era detto, il clientelismo e il
nepotismo sono diventate prassi per costruire il proprio potere. Questo la dice lunga di quanto il nostro Paese non riesca a cambiare. Sono
sempre le stesse inchieste che dimostrano come, a quasi trent’anni da
tangentopoli e mani pulite, siamo sempre al punto di partenza.
Eppure se si fermasse tutto, a
partire proprio dai lavoratori precari, che rivendicano da una vita il
malaffare del clientelismo, sarebbe il caos totale. Ma nessuno ha il coraggio
di ribellarsi, tutti restano fermi in fila, intruppati, piegati e rassegnati,
aspettando un posto su una scialuppa, prima che il mare lo inghiotti per sempre.