domenica 23 marzo 2014

MENTRE TUTTO DORME ... IO VIAGGIO .... PER VIVERE




Mentre fuori tutto dorme mi alzo e scostando la tenda, che copre la finestra come un manto pietoso, guardo un gatto che scivola furtivo nella notte.


Ancora una volta il sonno non arriva e a chiudere questa giornata non ci pensa nemmeno, allora prendo un libro, lui parla d’amore l’amore al di sopra di tutto e tutti.



Sarebbe bello credere a quello che afferma, vivere immersi in un’atmosfera fatata dove tutto incide senza affanno né rancore... ma ti accorgi appena sorge il sole che tutto questo vive solo nelle pagine di un libro e non trova corrispondenza in quello che ogni giorno la vita ti da o in quello che tu le sottrai.

Eppure quelle parole devono avere un senso... da qualche parte.... Partire... Prendo il primo volo verso una meta ignota, chissà dove mi porterà... lontano questo sì.



Come un uccello migratore volo da un paese all’altro, fermandomi solo per riposare alla ricerca di chissà cosa o chi.


Vorrei avere la mia strada e correre contro il vento che porta via ogni cosa, lasciando solo una linea immaginaria da seguire.


Mi sveglio in un paese che non conosco, ma non ho paura... le parole che fluttuano nell’aria, come tante note musicali in un pentagramma immaginario, sono dolci all’orecchio e mi aiutano ha ritrovare la strada.


Mi accorgo che tutto ciò è vero, come in un disegno di Picasso tutto sembra confuso quando invece è chiarissimo... basta guardarlo da un’altra prospettiva, 
non è come IL MONDO in cui vivo dove tutto, come qui, è in movimento ma in modo informe, un ammasso di esseri che vagano sempre nella stessa maniera, larve che si cibano d’indifferenza e solitudine, vivendo una vita già pianificata, frenetica, delirante... realizzando solo frustrazioni. Apparire, mostrarsi, sdoppiarsi... diventando il dottor Jekill di se stessi. 

Trovo in questo posto così misero e dimesso, riconciliazione con me stesso, lontano dalla ricerca ossessiva di status simbol appariscenti e insignificanti. Sempre alla ricerca del vacuo e dell’effimero, ci perdiamo nutrendoci di putridume, obliando tutti gli appuntamenti importanti...


Tutto sembra essere tornato normale... finalmente vivere senza lasciarsi trasportare dalla futile corrente dell’ipocrisia. Appagato, mi siedo e ammiro ancora questa rappresentazione del vivere che accarezzandomi dolcemente m’invita a condividerne i contorni.



La parola vivere non mi abbandona più, quante volte l’avrò ripetuta, ma finalmente riesco a pronunciarla, quando fino a qualche giorno fa non sapevo nemmeno che potesse avere un senso. Com’è dolce esserci. Respirare a pieni polmoni l’aria e sentirsi finalmente partecipe.


Com’è facile... si tratta solo di un gioco dove, come in un grande flipper, diventiamo palline rimbalzanti alla ricerca di punti... e basta, non ci si chiede nient’altro.



Mentre tutto intorno continua, scorrendo come l’acqua di una cascata sulle pietre... a volte impetuosa a volte mansueta... mi sento come un viaggiatore nella tempesta teso fra due mondi completamente opposti che si guardano in cagnesco come in un ring... dimenando le mani.


Deforme comportamento. Decisioni scellerate di chi conduce il gioco, provocano riti indecifrabili di stupidità... già stupidità, paradosso, l’unica specie intelligente che riesce solo a fare cose stupide.



Libero arbitrio... esclusivamente masochistico...
Non era questo il disegno di chi plasmando la vita costituì il nucleo della propria discendenza.



Ora sta a noi... credenti e non, rendere il nostro viaggio il più indolore possibile... perché, ne sono sicuro, è l’unica forma possibile di realizzazione... 

Siamo solo di passaggio e come tutte le cose che passano... effimere... non scopriamoci natura morta.




Viviamo.




tratto da: http://www.ilbellodellavita.it/Inviati/articolo.php?cat=268

venerdì 21 marzo 2014

LA VERGOGNA NON UCCIDE




Effettivamente, sentirsi ridicoli è un po’ sgradevole, ma non è certo la fine del mondo. Infatti non ha conseguenza fisica, come la cecità o la perdita di un arto! Ovvero non è una sensazione così brutta come siamo abituati a pensare.


Se si smette di avere paura della vergogna in sé, ci renderemo conto che spesso vale la pena rischiare il ridicolo. Io penso che sia molto efficace rendersi conto che fare una figuraccia non è poi una cosa così grave

giovedì 20 marzo 2014

COME SIAMO CAMBIATI NOI 40ENNI


Noi quarantenni che facciamo i conti con il tempo e con le abitudini di ieri, già cambiate.

Mi guarda come guardavo il nonno mentre raccontava della guerra o come guardavo mio padre cresciuto nel mondo diviso dalla cortina di ferro. La mia è la generazione cresciuta con Bin Laden: stiamo invecchiando assieme nella reciproca infelicità
ho 43 anni e come mi definisce mia figlia sono già “antico”.
Come mio nonno, che mi raccontava di quando c’era la guerra. Oppure come mio padre, quando mi racconta della prima volta che ha visto la televisione, in bianco e nero. spesso mi ritrovo a  parlare di quando ero bambino con mia figlia, e lei non ci crede che quando avevo la sua età non avevo il telefono cellulare, non sa nemmeno come erano fatti i gettoni per telefonare dalle cabine pubbliche.

Quanti anni saranno passati? Non così tanti… Ma tutto mi sembra essere improvvisamente cambiato. Mi sembra quasi una vita, se penso ai tempi di quando ero un bambino: il Papa non cambiava mai, Zoff era sempre il portiere titolare della Nazionale di calcio, così come il festival di Sanremo lo presentava sempre Pippo Baudo.

Non c’era internet, ma non c’erano nemmeno il computer in casa. Per essere rintracciabili si doveva tornare a casa, “ed in orario o eran guai”, non c’era modo di essere seguiti. Resta  terrorizzata a pensare a come vivevamo, quando non c’era Facebook o qualsiasi altro social-network. Mi guarda come io guardavo mio nonno quando mi raccontava della guerra, nei momenti in cui provo a raccontargli che il mondo era diviso in due e non era così facile viaggiare in certi paesi, perchè c’erano i muri che dividevano il mondo.

Sono cresciuto con la convinzione che tutto sarebbe migliorato. Dall’appartamento alla villetta a schiera. Dalla televisione a tubo catodico agli ultimi modelli super piatti. Da Rimini alle Maldive. E così via.
Mi rendo conto come, fino a quando hanno tirato giù il Muro di Berlino, sembrava di essere in guerra tra due parti, e tutto è cambiato dopo quegli anni. Alla fine gente come Andreotti e Craxi sono stati spazzati via dal muro di Berlino, non da tangentopoli. E da quel momento è iniziata un’altra fase, dove mi sono addormentato del tutto.

Ora che il mondo non era più diviso, si poteva viaggiare, andare in ogni paese, negli anni ’90 ho speso milioni di lire per viaggiare. Tanto avrei trovato un lavoro, avrei avuto tanti soldi e una pensione. Come i miei genitori, che avevano costruito una villetta, anche io potevo iniziare a fare i primi investimenti: comprare un auto di marca e puntare a una villetta in campagna.

A me è andata bene, perchè quando ho finito di studiare ho trovato subito da lavorare. E  lo stipendio aumentava, aumentava il lavoro e così anche i soldi. Sembrava che alla ricchezza non ci fosse mai fine. Ma vi rendete conto cosa può succedere quando hai un mito come Sylvester Stallone che crolla? Avete presente cosa significa crescere con Rambo e Rocky, e vedere che tutto quello in cui credi crolla da un giorno all’altro?

Quando avevo vent’anni mio padre mi disse che un giorno avrei avuto anche io una di quelle case delle famiglie americane, con il giardinetto davanti e una piscina sul retro. Questo, per me, era il futuro. Alla fine a me forse andrà bene. Forse ce la farò ad avere una pensione.


 Ho smesso di leggere i giornali, per non farmi impressionare dalle cattive notizie. Ma continuo a fare incubi. Delle volte sogno di avere cinquant’anni. Al mattino esco dalla mia villetta, con tanto di piscina e giardino, saluto la mia famiglia, il cane e mi avvio con una macchina decappottabile al lavoro. Sono vice direttore. Sono nel mio ufficio, accendo un sigaro e scopro di essere diventato il Direttore. Così mentre gli altri lavorano, io divento ricco. Insomma, è bellissimo. Peccato che a quel punto la sveglia suona, così mi alzo, mi infilo gli abiti da lavoro e, prima di uscire, mi lavo i denti. E come ogni giorno sogno di diventare direttore ……

martedì 18 marzo 2014

CHI TI MUOVE I FILI .... CI USA


Intraprendere rapporti disinteressati dall’alto dei miei 43 anni a volte sembra impossibile, continuo a cercare nei corpi e nelle menti di chi si palesa essere perfetto. Non ce né per nessuno, la sottile linea che separa la fiducia dall’opportunismo sembra essere cosa ignota.

Tutto questo un senso ce l’ha, sono solo io che ancora non riesco a capirlo, e allora ci casco e ci ricasco, ormai non ci sto neppure più tanto male, il confronto non teme intrusioni, io sono sereno e consapevole

L’unico posto dove riesco a cogliere la purezza delle intenzioni è negli occhi di mia figlia, Chiara è meravigliosa, pura come l’acqua di una volta, cresce solida come una roccia, convinta di avere un padre eccezionale, segue passo dopo passo la mia ombra, naturalmente, con lei tutto sembra facile, decidiamo del suo futuro davanti ad una coca annacquata al MC Donald piuttosto che seduti sulla sabbia davanti ad un tramonto che... 

”papà è davvero tanto bello questo"

La purezza delle sue intenzioni a volte mi destabilizza, non riesco a crederle ma so che tutta questa meraviglia mi è concessa, ed allora riacquisto coscienza che forse tutto sia davvero possibile. Chiara è la risultanza esatta del mio modo di fare, lei è esattamente ciò che avrei voluto essere, figlio di un padre con principi capaci di anteporre l’onore agli interessi, i sentimenti alle effimere soddisfazioni materiali.

Non mi manca nulla e non potrei avere nulla di più di ciò che ho...



domenica 16 marzo 2014

... IL SESSO FORTE .....

voglio fare un pò di ironia sul concetto di sesso forte e sesso debole, in ogni caso non voglio che mi fraintendiate, non sono dalla parte di nessuno, ma è una semplice forma di ironia per condannare ogni forma di violenza .... 


 Lo chiamavano il sesso forte, ma qual è il vero significato del termine? Nella storia il maschile è stato inteso come un mix di forza fisica e di autorità. Ma è sempre così?

Ridiamo un pò insieme con questa foto che sembra dimostrare il contrario. Per ricordarci che l’esercizio della mascolinità non consiste nella manifestazione di una forza bruta che va condannata in ogni sua modalità.



LO SCORRERE DELLA VITA



Avete notato che, se sedete in silenzio sulla riva del fiume, ne udite il canto lo sciabordio dell’acqua, il rumore della corrente? C’è sempre un senso di movimento, uno straordinario movimento verso ciò che è più ampio e più profondo.

Ma mentre quest’ultimo scorre incessantemente, largo e profondo, lo stagno è torbido, perché non è collegato alla vita del fiume e non contiene pesci. Le sue acque sono ferme, mentre il fiume, che scorre rapido, lì accanto, è pieno di vita e di movimento.

Non pensate che gli esseri umani siano anch’essi così? Si scavano una piccola pozza separata dalla corrente rapida della vita e in quella piccola pozza ristagnano e muoiono; ma, è proprio quella stagnazione, quel declino, quelle piccole pozze stagnanti di esistenza lontano dalla vita.
 Affermiamo che questa nostra esistenza stagnante è giusta e abbiamo inventato una filosofia per giustificarla; abbiamo sviluppato teorie sociali, politiche, economiche e religiose, in definitiva, siamo alla ricerca di un senso di permanenza. Volere che le cose piacevoli durino indefinitamente e che quelle spiacevoli cessino al più presto.

Ma, vedete, la vita non è affatto così; la vita non è permanente. Come le foglie che cadono da un albero, niente dura; il cambiamento e la morte sono inevitabili.


Il fatto è che la vita è come un fiume: procede incessantemente, sempre intenta a cercare, esplorare, traboccare, penetrare ogni fessura con la propria acqua. Ma, vedete, la mente non consentirà che le accada questo. La mente capisce che è pericoloso vivere in uno stato di insicurezza, e così si costruisce un muro attorno: il muro della tradizione, della religione organizzata, delle teorie politiche e sociali. La famiglia, il nome, la proprietà, le piccole virtù che abbiamo coltivato – sono tutti racchiusi dentro le mura, lontano dalla vita.

Una mente che non abbia mura, che non sia gravata dal peso delle proprie acquisizioni, delle cose accumulate, della conoscenza, una mente che viva senza tempo, senza sicurezza – per una mente simile, la vita è una cosa straordinaria. Una mente così è la vita stessa, perché la vita non conosce rifugio.


Se lo comprendete, avrete cominciato a comprendere la straordinaria verità di ciò che è la vita, e in quella comprensione c’è grande bellezza e amore, il fiorire della bontà. Ma gli sforzi di una mente che ricerca una pozza di sicurezza, di permanenza, possono solo portare all’oscurità e alla corruzione. Una volta installatasi nella pozza, una mente simile ha paura di avventurarsi fuori, di cercare, di esplorare; ma la verità, Dio, la realtà o quel che preferite, si trovano oltre la pozza.

Sapete che cos’è la vita? Non è nelle preghiere salmodiate, né nel compimento di un rito, né nell’adorazione di dei di latta, o immagini di pietra, non è nei templi e nelle chiese, né nella lettura della Bibbia, o della Bhagavadgita, non consiste nel ripetere un nome sacro, o nel seguire qualche altra superstizione inventata dagli uomini. Nulla di tutto ciò.

la vita  è il sentimento di bontà, quell’amore che è simile a un fiume, vivo, eternamente in movimento.  Ma ciò è possibile solo se lasciate la pozza che vi siete scavati e vi gettate nel fiume della vita. Allora la vita vi stupirà prendendosi cura di voi, poiché voi non ve ne prenderete più cura. La vita vi porterà dove vorrà, poiché ne siete parte; non vi sarà alcun problema di sicurezza, di ciò che la gente dice o non dice: e questa è la bellezza della vita.


Da "La ricerca della felicità" di Jiddu Krishnamurti.

lunedì 10 marzo 2014

... SENTIRMI LIBERO .... SOLE E MTB



 è tornata la primavera ed ho voluto cogliere l’occasione per… sentirmi libero.

Domenica mattina, e mentre sorseggio il caffè scruto dalla finestra. Dopo giorni di nubi e piogge, finalmente il sole splende nel cielo limpido, e anche oggi è una bella giornata. Me lo ero ripromesso che alla prima domenica libera  ”Non guarderò il meteo salirò in bici e via verso la mia libertà”. Così ho fatto e, anche se non credo sia dipeso da questo mio comportamento scaramantico, sono stato premiato.

Sono passate da poco le 8,  l’aria è fresca e io ho già infilato tutti i miei dubbi nello zaino insieme ad altre inutili cianfrusaglie, carico la mtb sulla macchina e senza nemmeno averla pulita e lubrificata sono partito alla volta di Mantova. Ho parcheggiato sono  salito in sella, con l’entusismo di un adolescente, e via verso Peschiera del Garda.

Il vento in faccia, la punta del naso che si congela, i muscoli delle gambe che bruciano ad ogni pedalata… con una bella canzone alle orecchie…  su un bel rettilineo e il traffico letteralmente inesistente. Mi son tornati in mente i vecchi tempi… alcuni anni fa lasciavo anche il cellulare a casa per farmi una bella pedalata immerso o meglio sommerso dalla natura.  Era stupendo staccare un po’ da tutto e tutti per riflettere, interrogarsi, sognare… da soli.

purtroppo causa forza maggiore ho dovuto desistere da questa mia grande passione, naturalmente è sempre difficile staccarsi da qualcosa a cui siamo affezionati, ma l'importante è farlo serenamente con la consapevolezza che nella vita si cambia spesso rotta e ci si trova percorrere strade che magari non avremmo immaginato ...Io ho sempre pensato che nulla capita mai per caso, ed in virtù di questo mio pensiero ho imparato anche ad accettare i momenti "difficili" come un insegnamento di vita…. Ma torniamo a noi…

appena fuori Mantova imbocco  la ciclabile, vedo sopraggiungere un gruppo di ciclisti, e colgo l’occasione  per aggregarmi  a loro (circa una ventina tra i quali anche alcune donzelle). L’andatura come prevedibile è turistica e chiacchierando arriviamo a Borghetto, qui il paesaggio è metafisico, ci fermiamo per la pausa caffè. Riprendiamo la strada e men che no si dica si raggiunge la meta, facciamo il giro turistico e via verso il ritorno.

Qualcuno soffre un po’ (tra cui io), ma senza troppi problemi, la strada fino a volta Mantovana è un continuo sali e scendi. Finalmente arrivati alla fine di questa splendida giornata, mi appresto a salutare il gruppo, ma mi invitano a ritirare il premio, per qualcuno l’unica ragione per alzarsi e mettersi a pedalare con una mattinata come questa. Rimango un po’ basito ma in un attimo (ricordate le famose donzelle?), allestiscono un mini ristoro, ci gustiamo queste prelibatezze con qualche buon bicchiere di vino prima di salutarci definitivamente, e rimetterci in viaggio verso le nostre case.

…. C’è chi per sentire certe sensazioni ha bisogno di fare follie, … a me per sentirmi felice dentro, basta una bella giornata di sole e la mia MTB….


sabato 8 marzo 2014

ANCORA UN 8 MARZO .... E IO STENDO I PANNI ....

Ancora un otto marzo, ma cosa ci sia poi da festeggiare ancora non l'ho capito,  voglio comunque porgervi non gli auguri, perchè li ritengo mediocri ma un elogio,  a voi e a questo  8 marzo, non voglio però farlo con i soliti convenevoli, e poi regalare ad ognuna di voi una mimosa mi sarebbe costato una fortuna, siete in troppe, e  non lo ritengo necessario, ma voglio farlo a modo mio con un gesto simbolico:


stendendo la biancheria. Voi vi chiederete il perchè? perchè anche un gesto cosi banale come stendere i panni può essere difficile. Quando stendo il bucato non lo faccio mai nella maniera giusta. E non perché  sono un uomo, ma perché alla fine per me va bene tutto anche stenderlo in maniera approssimativa, tanto si asciugano comunque, ingenuamente penso. Invece no, c’è un ordine anche in quello, un rituale che è utile sapere. Meno male che c’è una donna a ricordarmelo, altrimenti mille altre volte lo farei per come capita.

Perdonatemi questa  dotta digressione, ma come tutti gli anni  è arrivata la festa della donna, quell’essere che tende alla perfezione, perché noi uomini, diciamoci la verità, perfetti non lo saremo mai. Brontoloni, pasticcioni, spesso convinti che basti sorridere, basti l’ironia, basta vivere per essere, ma non è cosi, a ricordarcelo sono sempre loro, che con coraggio affrontano il quotidiano, loro che ci guardano come fossimo marziani, ma poi ci amano comunque….

Le nostre lande sono come quel bucato messo lì, ad asciugare a caso, tanto è lo stesso, forse hanno ragione loro, lo stesso non lo è, ma siamo molto limitati per capirlo.
L’otto marzo è la festa della donna, una festa pressoché inutile, vuota e paradossale, perché per chi le ama, per chi riconosce il mondo femminile un qualcosa in più, non vè bisogno di feste. La donna è una festa continua, anche quando è stanca, anche quando è affaticata e triste, anche quando non ne capiamo i moti e i giorni. Una festa perenne, così almeno dovrebbe essere anche quando non le capiamo.

Buon 8 marzo, donne, tutte indistintamente. Buon 8 marzo soprattutto a quelle che soffrono perché un bastardo anche oggi al mondo c’è armato di violenza.
L’8 marzo, acquista un senso, solo se lottiamo al loro fianco, ci schieriamo dalla loro parte, con tutta la forza che abbiamo perché questo mondo sia migliore. Questo non so se mi porterà a stendere i panni in maniera corretta la prossima volta che svuoterò la lavatrice in sua assenza, ma il pensiero di lei mi porta sempre a sorridere, ad andare avanti, a cercare soluzioni. Il pensiero di lei mi spinge ad amare sempre più forte.

È già un miracolo questo? Indubbiamente si, ma non fraintendetemi, ve ne prego. Sono le donne, loro stesse che devono e possono forse ancora più di noi, (armati solo di un pezzo di carne in più) fare qualcosa per loro stesse.


ESSERE FELICI, A PRESCINDERE PURE DA NOI. È QUESTO L’AUGURIO CHE VI LASCIO

venerdì 7 marzo 2014

SERENITA' O FELICITA'?




Non ricordo dove io abbia letto o sentito le parole che hanno ispirato questo mio pensiero, pronunciate contemporaneamente, ma ciò che importa e che ho capito una cosa fondamentale, di cui non posso fare a meno!!!

ho riflettuto su cosa sia la serenità e cosa la felicità, e ho scelto di rincorrere la prima a discapito della seconda. Perché?

Per semplici motivi, la felicità è una cosa episodica, si può essere felici quando si prende un bel voto all'esame, lo si può essere dopo aver fatto l'amore con chi si ama, lo si è ancora quando si ha un bel lavoro.

Tuttavia essa non è perenne, non lo è per natura, dubito che si possa essere felici quando si perde un proprio caro, quando finisce una storia importante e in qualunque altra situazione di questo tipo... e allora perché tutti desiderano la felicità?

Perché rincorrono una cosa che non può loro appartenere perennemente? Io ho deciso che la felicità non è ciò che voglio, almeno non a tutti i costi, ma ciò che desidero è la serenità.

la serenità è uno stato che può entrare a far parte del proprio essere, delle proprie abitudini e del proprio vivere, si può essere sereni in qualunque momento, quando si è tristi si può essere sereni, quando si sta male si può essere sereni, quando si è felici si può essere sereni, ma, bisogna lavorarci un sacco sopra, ma tanto, bisogna volerlo.

La vita mi ha reso abbastanza duro cinico e a volte anche sbruffone, ma ancora la strada è lunga, passa il tempo  ma io continuo a migliorare in ciò che faccio, certo devo stare sempre allerta per non ritornare indietro, ma ora ho capito qual è il "trucco" io mi sento sereno, nei gesti, nelle parole, nel corpo, nella mente, in tutto... felice si molte più volte di prima ma a volte ogni tanto ricapita di pensare a ciò che ti ha fatto stare male, senza diventar tristi semplicemente seri con se stessi quando si è soli, pero sono sereno ed è una sensazione stupenda...


La felicità non è una cosa che voglio raggiungere, ma la serenità deve far parte di me, e ogni giorno lavoro per questo... ma è un lavoro per cui non ci si stanca e anche se si lavora tanto si è contenti... 

In tanti confondono il significato di queste due parole, essere felici non vuol dire essere sereni, e poi paliamoci chiaro la serenità non è una meta di arrivo ma un modo di viaggiare!!!

mercoledì 5 marzo 2014

MANGIARE UGUALE CONOSCENZA




 “mangiare” un’azione che compiamo tutti giorni, che rientra tra quei bisogni che vengono definiti primari, mangiare, che bella parola.

Come sempre, quando parte la mia vena filosofica, vi invito a non prendermi troppo sul serio, ma vorrei suggerire un’analogia tra il mangiare e la conoscenza, questi sono due lati dello stesso desiderio. Non intendo accostarli in senso diretto,  cibarsi dopotutto ha la sua finalità, sostenere l’organismo, fornirci energia, materiale per la rigenerazione dei nostri tessuti, ma attraverso quel processo spesso pasticcione magiare diventa ben altro.

Per vivere, e magari per vivere bene, cerchiamo si capire il mondo che ci sta intorno e farlo funzionare a nostro vantaggio, o almeno no a nostro danno, questo percorso di “conoscenza” si potrebbe descrivere metaforicamente così: quello che sta fuori per comprenderlo lo portiamo dentro di noi, rielaborandolo e utilizzandolo a nostro uso e consumo. Ciò che sta fuori, allora, è come se venisse in qualche modo mangiato, digerito e il superfluo eliminato.

Così, nel divorare avidamente un pasto, o gustandolo con lentezza e ricercatezza, compiamo un atto di altro significato simbolico e dalle valenze persino filosofiche. Questo è un modo diretto per assaggiare il mondo per asportare quel pezzetto e per introdurlo dentro di noi.

E poi, vi è il rapporto con l’altro, se mangiare rientra anche nella sfera dei “piaceri” non possiamo che accostare il desiderio di cibo al desiderio erotico. E qui intendo l’uso dei concetti freudiani Eros e Thantos in modo disinvolto …. Grade uomo quel nostro Freud, ma più per i romanzieri che per gli ammalati….. non è un caso che forse sia la bocca che le mani siano l’altra parte  dell’erotismo?....

Concludendo su questa strada di divertita provocazione, vi auguro di riuscire un giorno a coniugare perfettamente, in un unico intenso momento, senso del gusto, e cibo, ricerca di conoscenza, piacere e carnalità …… buon appetito a tutti!!!!

sabato 1 marzo 2014

L'ULTIMO CAPITOLO




Lo spazio rimasto in quella pagina della mia vita stava per terminare. Ancora poche righe e avrei dovuto iniziarne una nuova. Un altro anno è scivolato via, senza che lo volessi. 
Così, in quel giorno in cui non c'era nulla da fare, fermai le mie dita sulla tastiera cercando di immaginare il capitolo successivo e mi accorsi che avrei voluto scrivere tante delle cose che avevo già scritto.
 E che, nel migliore dei casi, sarà uno di quei libri difficili da leggere, dai periodi contorti, le frasi troppo brevi per esser portatrici di significato, i verbi mal coniugati, lunghi solitari, monologhi di un ventriloquo che parla guardandosi allo specchio per non  impazzire. Ma andava bene così.
Mi chiedo quante volte sono morto e quante sono resuscitato. Una sola cosa è certa: sono vivo. E questo mi bastava. Nella mia vita sono stato tante cose: un bambino triste, un'adolescente ribelle, un discreto studente, un marito, un papà, uno zingaro alla ricerca di un territorio incolto in cui spaziare, un animale ferito che cercava una tana, uno che aveva vissuto la propria vita come un uomo ma che sentiva come una donna.
Sfogliando queste pagine. Penso che ognuno di noi è fatto della storia che ha vissuto e che nella vita, non c’è nulla di gratuito. Se il mio passato è il prezzo che ho  dovuto pagare per essere quella che sono diventato, sono contento di aver pagato. Ora, sono un uomo che vive ogni giorno della sua vita come fosse l'ultimo.
Senza paura e vergogna della fragilità e del dolore. L'anima di una persona si veste di tanti, diversi colori. Basta imparare ad intonarli e tutto diventa Armonia.